Perché i siti web non sono ottimizzati per la conversione

Perché i siti web non sono ottimizzati per la conversione

L’ottimizzazione del sito web è un processo complesso che richiede competenze specifiche. Questo spiega perché la maggior parte dei siti web non sia ottimizzata per la conversione e produca, quindi, risultati non soddisfacenti.

Il successo di un sito web è dato dal numero di visitatori che riesce ad attrarre (traffico) e da quanti di questi visitatori riesce a convertire (sulla base dell’obiettivo del sito): acquistare qualcosa, inviare un modulo, richiedere un appuntamento ecc. 

Maggiore è la quantità di visitatori attratta e maggiore è il numero di visitatori convertiti, migliore è il successo del sito.

Se il numero di visitatori è molto basso, ha poca importanza che i visitatori convertiti siano relativamente alti: il sito dà comunque un risultato insoddisfacente.

Lo stesso accade se il sito attrae molti visitatori, ma riesce a convertirne solo un numero molto basso: anche in questo caso, il risultato del sito è insoddisfacente.

Quindi, il numero di visitatori attratti e il numero di visitatori convertiti sono due elementi che giocano un ruolo fondamentale nel decretare il successo di un sito

Però, i dati ci indicano che le imprese dedicano più sforzi e più soldi ad attrarre visitatori che a convertirli. Secondo una ricerca condotta dalla società Forrester Research, le aziende spendono 100 dollari per portare visitatori al proprio sito e solo un dollaro per convertirli. 

Di conseguenza, sono molti di più i siti che hanno problemi di conversione che quelli che hanno problemi di traffico. Potremmo anche dire che probabilmente la maggior parte dei siti web non ha grossi problemi di traffico ma che, sicuramente, la maggior parte dei siti ha problemi di conversione.

Quest’affermazione è confermata da un’indagine condotta recentemente da Econsultancy, da cui è risultato che solo il 22% delle imprese è soddisfatta dei saggi di conversione del proprio sito. 

D’altra parte, con saggi medi di conversione pari all’1-3%, la soddisfazione non può essere alta: questo dato ci indica infatti che almeno il 97% dei visitatori di un sito non è interessato a quello che viene loro offerto e, quindi, non clicca sulle call to action. 

 

Perché i siti non convertono?

Per almeno tre buoni motivi: 

  1. c’è ancora poca consapevolezza dell’importanza della conversione, dato che si ritiene che se il sito non dà risultati è perché non ha abbastanza traffico: il problema della non-conversione non è preso in considerazione; 
  2. l’argomento è abbastanza complesso;
  3. gli esperti a cui rivolgersi sono molto pochi e spesso sono anche poco conosciuti; secondo un’indagine condotta in America, il 75% delle imprese ha dei problemi nel trovare delle competenze adeguate per ottimizzare le pagine dei propri siti: si può allora pensare quanto deve essere duro qui da noi dove la consapevolezza della conversion optimization è molto più bassa.

Di conseguenza, pochi siti web sono ottimizzati per la conversione.

Del resto, le attività di ottimizzazione non sono definite da regole ben precise come nel caso dell’ottimizzazione per i motori di ricerca (Search Engine Optimization) e richiedono capacità particolari. 

Tutto si gioca in quegli 8 secondi in cui il visitatore decide se la pagina val la pena di essere esaminata. 

In questi pochi secondi, la prima impressione che si ha della pagina gioca un ruolo determinante nell’attirare l’attenzione del visitatore. 

E il titolo è di solito la prima cosa che viene vista. Se il titolo attrae l’attenzione, e non ci sono molti elementi che distraggono, è probabile che il visitatore diriga la sua attenzione anche verso la call to action. Secondo un’indagine condotta da Unbounce, circa il 90% delle persone che leggono il titolo arrivano poi a leggere la call to action. 

Le cose non sono però così semplici come potrebbe sembrare.

Un esperto in ottimizzazione per la conversione sa quale genere di titoli possono convertire meglio. Lo stesso vale per il posizionamento delle immagini o quello delle call to action. L’esperienza e lo studio ci insegnano quali sono le posizioni migliori e quelle peggiori.

Per esempio, osservando la fig. seguente, un esperto non farebbe fatica ad individuare nella call to action attuale una componente che può essere migliorata, dandole più evidenza.

Ript1

Un esperto non avrebbe bisogno di fare alcun test e potrebbe dire senza alcun dubbio che la call to action mostrata nella figura seguente converte di più della precedente. 

 

Ript2

Però, quello che si crede converta meglio non sempre viene confermato nella realtà.

Per esempio, si potrebbe credere che inserire una descrizione del prodotto nelle schede prodotto di un e-commerce migliori la conversione, come molti test hanno dimostrato. Questo era anche quello che credeva FreestyleXtreme, un e-commerce inglese che vende abbigliamento per motociclisti. 

FreestyleExtreme aveva condotto una ricerca presso i propri clienti per cercare di capire come poteva migliorare il suo sito. Venne fuori che i clienti chiedevano all’azienda di inserire più informazioni nelle schede prodotto. 

In seguito, l’azienda verificò che esistevano diversi studi che confermavano un miglioramento del saggio di conversione dopo l’inserimento di una descrizione del prodotto nelle pagine di un sito.

Di conseguenza, l’azienda inserì un’ampia descrizione nelle sue pagine prodotto, come si può osservare nella fig. seguente

 

Freestyle1

 

Dopo pochi giorni dall’introduzione delle nuove pagine, però, l’azienda, più per curiosità che per vero interesse, decise di condurre un test per verificare se l’aggiunta del testo fosse stata un decisione giusta. Perciò testò una di queste nuove pagine insieme con una pagina che non aveva alcuna descrizione (fig. seguente).

 

Variation_1.png.pagespeed.ce.6cTPnXxlGl

 

Il risultato del test – che coinvolse più di 14.000 visitatori – smentì ogni precedente supposizione: la pagina senza descrizione fece registrare un aumento del saggio di conversione del 31,38%!

Questo però non significa che rimuovere la descrizione del prodotto migliora sempre il saggio di conversione. Come detto, esistono svariati test che dimostrano il contrario. Nel caso di FreestyleXtreme, questo risultato contro corrente è forse dovuto al particolare layout della pagina, con la descrizione in alto e le immagini in basso, insieme con la call to action.

Infatti, le immagini giocano un ruolo molto importante nell’incrementare la conversione. Le persone preferiscono sempre vedere delle immagini di quello che devono comprare. Solo se sono state soddisfatte da queste immagini investiranno del tempo per leggere la descrizione del prodotto.

Un sito di e-commerce può vivere bene senza le descrizioni dei prodotti, ma non senza le immagini. 

Quindi – come la storia di FreestyleXtreme testimonia – in molti casi, senza fare test, è difficile individuare qual è la soluzione migliore. Spesso, per sapere quale titolo è il migliore per attrarre l’attenzione, quali elementi distraggono dalla call to action, dove posizionare la call to action, come costruirla ecc., occorre fare dei test, soprattutto quando le pagine sono abbastanza complesse.

I test più diffusi sono quelli che vanno sotto il nome di A/B test, come quello effettato da FreestyleXtreme. In pratica, si sottopongono a confronto due versioni della stessa pagina con alcune modifiche.

Per esempio, una versione ha la call to action posizionata in alto sulla destra e un’altra ha la call to action posizionata più in basso nella pagina. Oppure le due pagine sono identiche in tutto salvo per il titolo utilizzato. Le modifiche da confrontare devono essere poche, una o due al massimo, altrimenti non si sapprebbe qual è quella che condiziona il risultato.

Le due versioni appaiono in tempi differenti nel sito in modo da poter verificare qual è la versione che converte di più (fig. seguente). 

 

AB-Testing

 

Per eseguire degli A/B test si può utilizzare Google Analytics o qualche altro strumento con funzioni più avanzate (di solito a pagamento), come Unbounce, Visual Website Optimizer Optimizely.

Come si può intuire, per individuare quali elementi sottoporre a test, quali ipotesi considerare e come svolgere un test, è necessario avere molta esperienza e competenza, cosa non facile da trovare sul mercato come quel 75% delle imprese americane, citate in precedenza, dimostra. 

 

Conclusioni

L’ottimizzazione della conversione è un processo che potrebbe non aver mai fine, perché si può sempre trovare qualche elemento da migliorare. Per evitare di perdere troppo tempo e di effettuare troppi errori, è necessario individuare bene in quali casi è assolutamente necessario fare dei test e cosa sottoporre a verifica.

In teoria, ogni elemento della pagina potrebbe essere migliorato. Ma alcuni elementi sono più importanti di altri come, per esempio, i titoli, le call to action e le immagini. In alcuni casi, questi elementi più importanti potrebbero già essere sufficientemente ottimizzati e non c’è bisogno di investire altro tempo facendo test, dato che i miglioramenti sarebbero marginali. Altre volte, invece, i test sono necessari perché l’ottimizzazione è insufficiente. 

Ci vuole però un occhio esperto per valutare i diversi casi. 

In conclusione, l’ottimizzazione del sito web è un processo molto complesso che richiede competenze specifiche. 

Questo spiega perché la maggior parte dei siti web non sia ottimizzata per la conversione e produca, quindi, risultati non soddisfacenti. In particolare:

  1. chi possiede un sito spesso non conosce il problema della conversion optimization e, quindi, non sa che il suo sito necessita di essere ottimizzato; 
  2. le persone che hanno le competenze per ottimizzare un sito sono ancora molto poche. 

 

 

 

 

I commenti sono chiusi.